Con il Coni arrivano le
manette
«E’ un mondo difficile. Felicità
a momenti e futuro incerto». Recitava una canzone molto popolare un paio d’anni
fa.
Oggi quest’affermazione potrebbe
ben attagliarsi allo scacchista, chiuso in una morsa di incertezze: senza più
un Campione del mondo riconosciuto da tutti, con tempi di riflessione che
cambiano -in peggio- ogni anno, costretto a fronteggiare tecnologie incombenti
ed inarrestabili in un clima di concorrenza sempre più agguerrita.
In questa congerie di problemi
negli ultimi anni chi gioca a scacchi in torneo se ne è visto addossare uno di
più, con l’ingresso della FSI nel CONI: l’applicazione anche a lui delle
rigorose normative «sullo sport».
Non è da molto che la legge si
occupa dello sport in modo capillare.Negli ultimi anni però questa è una
tendenza consolidata, che ha marciato di pari passo con l’evolversi
dell’importanza economica e sociale delle manifestazioni sportive. Gli scacchi
sono ormai, a tutti gli effetti, uno «sport», piaccia o non piaccia, per cui
queste disposizioni si applicano anche a noi, almeno in teoria. Vorremmo
cercare di richiamare l’attenzione al riguardo, anche se solo per sommi capi:
un po’ per informare, ancor più per incuriosire, cercando di esemplificare con
qualche ipotetico caso concreto (pur ben sapendo che tutto questo,
fortunatamente, non dovrebbe in pratica mai realizzarsi).
Gli illeciti sportivi trovano in
generale, per tutti gli sport, una duplice sanzione. In primo luogo una
punizione disciplinare irrogata a carico dei loro tesserati dai competenti
organi delle singole federazioni che organizzano e reggono una data tipologia
di gare sportive: si pensi ai giocatori espulsi in una partita di calcio, che
debbono rimanere assenti dai campi di gioco per un dato numero di giornate. In
secondo luogo, e solo nei casi più gravi, una sanzione penale «comune»,
irrogata dal giudice ordinario per violazioni commesse in territorio italiano
da un determinato soggetto, tesserato o non ad una federazione sportiva.
La Federazione scacchistica
italiana ha un suo Regolamento di disciplina e suoi organi deputati
all’inquisizione e alla sanzione degli illeciti sportivi commessi da suoi
tesserati. Vi è un Procuratore federale, un Giudice sportivo, una Commissione
Giustizia e Disciplina di primo grado ed una Commissione Giustizia e Disciplina
di Appello. Con sanzioni irrogabili di vario genere: si va dalla deplorazione
sino alla radiazione.
Di questi organi disciplinari FSI
si parla poco perché sinora non hanno praticamente mai operato: non si sa se è
un segno di una loro ancora poco spiccata operatività, o della scarsa
propensione all’illecito degli scacchisti italiani.
E’ interessante ricordare
comunque che i dirigenti delle società affiliate sono ritenuti
«corresponsabili, fino a prova contraria, degli illeciti disciplinari commessi
dagli affiliati»: i Presidenti di circolo devono cominciare a meditare in
proposito.
L’illecito sportivo è poi punito
anche da normative di carattere generale.
Una disposizione fondamentale è
l’articolo 1 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, che sanziona penalmente la
«frode in competizioni sportive»: «Chiunque offre o promette denaro o altra
utilità a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata
dalle federazioni riconosciute dal CONI, al fine di raggiungere un risultato
diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della
competizione, ovvero compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo, è
punito con la reclusione da un mese ad un anno e con la multa … Le stesse pene
si applicano al partecipante alla competizione che accetta il denaro o altra
utilità o vantaggio». Una norma che ha anche indirette ripercussioni a più
ampio raggio, ad esempio l’art. 3 della stessa legge 13 dicembre 1989, n. 401,
impone un «obbligo di rapporto», sui fatti di reato di cui all’art. 1, in capo
ai presidenti delle federazioni sportive nazionali affiliate al CONI,
sanzionabile penalmente ex art. 361 c.p. («omessa denuncia di reato»).
La disposizione di cui al
predetto art. 1 ha una lettera che parrebbe prestarsi ad interpretazioni assai
late, specie laddove punisce gli «altri atti fraudolenti volti al medesimo
scopo», ed infatti molti Pubblici Ministeri hanno cercato in passato di utilizzarla
per inquisire ad esempio fatti di doping
ed altri illeciti sportivi posti in essere dai partecipanti ad una gara per il
solo scopo di vincerla.
La Corte di Cassazione, giudice
di ultima istanza nel nostro ordinamento, ha peraltro ritenuto che i
comportamenti sanzionati dall’ipotesi di reato di «frode in competizioni
sportive» debbono necessariamente comprendere «attività proiettate all’esterno
dalle persone che le hanno deliberate ed in qualche modo sinallagmatiche
all’utilità perseguita dal soggetto partecipante alla gara» (C.Cass., sez. VI,
n. 3011 del 26 marzo 1996), in altre parole rimarrebbero esclusi i casi in cui
il comportamento truffaldino sia posto in essere dal solo partecipante alla
gara, esclusivamente per il suo beneficio, senza implicazione di un soggetto
terzo.
Questa interpretazione ha
costituito uno dei motivi che hanno portato il legislatore a intervenire
specificamente in materia di doping,
ed oggi l’art. 9 della legge 14 dicembre 2000, n. 376, punisce con la pena da
tre mesi a tre anni, e con la multa, chi assume sostanze dopanti. Per inciso
tale norma vale anche per gli scacchisti, e la FSI ha emanato un suo proprio
regolamento antidoping, con annesso
elenco delle sostanze che si ritengono «dopanti» (e vi rientrano gli
stimolanti, ma anche i diuretici, persino l’alcool e la caffeina, se assunti
oltre determinate concentrazioni quantitative). Per cui attenzione anche qui:
se partecipate ad un torneo mentre state assumendo determinati farmaci, fareste
bene quantomeno ad avvertire anticipatamente l’arbitro.
Questo non significa che
l’articolo 1 della legge 13 dicembre 1989, n. 401 non possa comunque trovare
possibili applicazioni nel mondo degli scacchi: chi si accorda con altri
giocatori per un pareggio o una sconfitta all’ultimo turno per dividersi i premi,
chi «compra» il punto per «passare di categoria», e magari anche chi suggerisce
e chi si fa suggerire le mosse tramite cellulare o computer, potrebbe in
ipotesi incappare nei rigori di questa disposizione.
Volendo -scherzosamente- portare
alcune norme alle estreme conseguenze, è poi interessante anche il disposto dell’art.
7 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, «turbativa di competizioni
agonistiche», secondo il quale «salvo che il fatto costituisca reato, chiunque
turba il regolare svolgimento di una competizione agonistica è punito con la
sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinquantamila a lire trecentomila»
(ovviamente da convertire in euro).
Siamo proprio sicuri che quando
l’amico Giancarlo Maccagno commenta da solo ad alta voce la sua stessa partita
non sia punibile a questo titolo?
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