Lo spazio del gioco è il luogo in cui vengono prese le decisioni, e le regole da un lato sono dei paletti, ma dall’altra sono il motore stesso della creatività, perché è proprio appoggiandosi a quelle norme più o meno rigide che il giocatore può trovare i necessari sostegni per esplorare lo spazio del suo gioco, sperimentando scelte diverse, e creando un proprio stile.

Ma ogni qual volta lo spazio del gioco è abbastanza complesso, prendere una decisione razionale può essere difficile o estremamente faticoso, ed allora, in certe circostanze può entrare in gioco il caso. In realtà si ha la tendenza a pensare che, almeno le scelte importanti dovrebbero essere del tutto razionali, nel senso di essere assolutamente ponderate e riflettute.

Lo slogan “Non lasciare niente al caso” è molto utilizzato ed ovviamente per tutta una serie di attività e di situazioni è del tutto auspicabile seguire questo consiglio, ma è altrettanto vero che in innumerevoli circostanze gli uomini hanno razionalmente scelto di affidare alla sorte le loro decisioni, ed ormai sono parecchi anni che la teoria dei giochi ha dimostrato matematicamente che in molte situazioni affidarsi al caso è proprio la scelta migliore, quella, appunto, più razionale.

Dino Risi, il regista, ha raccontato alla giornalista Irene Bignardi un episodio che altro non è se non una vera e propria ordalia in chiave moderna. Risi racconta che il periodo dell’estate del 1961 in cui fu girato “Il sorpasso” fu “una vacanza fantastica”, e che tutti si divertivano, meno Cecchi Gori, che produceva il film e che era molto preoccupato per il finale, inconsueto per quel genere, che già veniva chiamato commedia all’italiana. Dice Dino Risi: “Il povero Cecchi Gori non era affatto contento, e a mano a mano che risalivamo l’Aurelia, a ogni tappa, da Civitavecchia a Castiglioncello, cercava disperatamente di convincermi a buttarlo. Io prendevo tempo. Quella scena, la scena in cui dopo la lunga corsa dei due sull’Aurelia la macchina si trova di fronte a un camion in un sorpasso, e Gassman salta fuori in tempo e Trintignant rimane imprigionato e precipita con l’auto dalla scogliera, era ovviamente prevista per l’ultimo giorno di lavorazione, perché poi la macchina non sarebbe più stata utilizzabile”. Si era ormai alla fine di settembre, il tempo era incerto, l’estate stava per finire. “E Cecchi Gori, da buon giocatore, ha tentato la sua ultima carta. Ha detto: facciamo così, che se domani piove, come a lui sembrava che dovesse succedere, si torna tutti a Roma, e il film finisce con Bruno Cortona e Roberto che se ne vanno felici e contenti, ormai amici per sempre. Bè, non è piovuto. Il finale sarebbe stato il mio”.

Anche grazie a questo finale amaro, “Il sorpasso” è diventato un classico del cinema italiano.

Ivar Ekeland nel suo libro “A caso. La sorte, la scienza e il mondo” ci racconta  la storia di come il re di Norvegia e il re di Svezia si giocano una città ai dadi, secondo un antica narrazione della letteratura norvegese.

Torstein Frode narra che a Hising c’era una città che aveva legato la sua sorte ora alla Norvegia ora alla Svezia. “I due re si accordarono allora di tirare a sorte per decidere a chi dovesse toccare il possesso della città: essi avrebbero lanciato i dadi e avrebbe vinto chi avesse conseguito il totale più elevato. Il re di Svezia ottenne due sei, e disse che non era più il caso che il re Olav lanciasse i dadi a sua volta. Ma questi rispose, scuotendo i dadi nel suo pugno: “in questi dadi rimangono ancora due sei, e non è difficile a Dio, mio Signore, farli uscire”. Lanciò i dadi, e ottenne un doppio sei. Fu poi di nuovo la volta del re di Svezia, che ottenne un altro doppio sei. Poi lanciò il re Olav, e uno dei dadi diede ancora sei, ma l’altro si ruppe in due pezzi, che diedero la somma di sette punti. La città spettò dunque al re Olav”.

Ekeland fa poi notare che in questo caso il ricorso alla sorte può essere interpretato in chiave moderna come un procedimento per dividere in due una cosa indivisibile. I due re, volevano entrambi governare quella città, ma non erano disposti a combattere per questo obiettivo e vedevano in un condominio più inconvenienti che vantaggi, e trovarono questo modo per esercitare i loro diritti. Dare a qualcuno metà di un oggetto, o accordandogli una probabilità su due di poterlo avere per intero, è pressappoco la stessa cosa, e solo la seconda soluzione è praticabile quando l’oggetto è indivisibile. Questo procedimento è ben noto oggi ai teorici dell’economia, che se ne servono per affermare che ogni bene è indefinitamente divisibile.

In certe situazioni affidarsi al caso può essere un metodo di scelta anche nel gioco razionale per eccellenza, gli scacchi. Sentite per esempio cosa consiglia il GM inglese John Nunn: “Il normale processo decisionale di uno scacchista non dovrebbe richiedere più di un quarto d’ora, nemmeno in situazioni abbastanza complesse. Se un giocatore impiega troppo tempo su una mossa, è probabilmente segno che non esiste alcun seguito valido, oppure che la sua indecisione ha radici psicologiche e non tecniche. Se state meditando sulla vostra mossa già da diversi minuti, e ancora non siete sicuri di cosa giocare, dovete a tutti i costi comportarvi in modo brutalmente pragmatico. Chiedetevi se qualche altro minuto davanti alla scacchiera potrà realmente aiutarvi a trovare la mossa giusta. Ad esempio, le vostre profonde elucubrazioni potrebbero essere il frutto di un’indecisione fra due mosse che vi sembrano di forza equivalente. Se dopo venti minuti non avete ancora scoperto un buon motivo per preferire una delle due, sembra ragionevole ipotizzare che in concreto entrambe le alternative possano andare bene. A furia di spremervi le meningi, potreste alla fine scovare una minuscola differenza tra le due, ma probabilmente questo non sarebbe il modo migliore di investire il vostro tempo. Prima di tutto, è facile sbagliarsi quando si cerca di valutare una posizione fin nei minimi dettagli; in secondo luogo, serve a poco ottenere un vantaggio microscopico se poi ci si ritrova in un forte Zeitnot (cioè senza più tempo di riflessione) dove si lasciano in presa pezzi vari. …. Perciò, io vi consiglierei senz’altro di fidarvi del vostro intuito nello scegliere fra varie mosse dall’aspetto equivalente; se poi neanche così riuscite a trovare un motivo per esprimere la vostra preferenza, selezionate le mosse che vi sembrano giocabili ed effettuatene una a caso“.

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