Quest’anno abbiamo aggiunto nella programmazione dei tornei stagionali, grazie alla gentile sponsorizzazione della figlia Franca, il Trofeo intitolato a Fausto Barberis.
Per chi non lo sapesse, perché troppo giovane, Fausto Barberis è stato presidente della Società Scacchistica Torinese agli inizi degli anni ’80.
Fu uno degli artefici, insieme al presidente della FSI di allora Nicola Palladino, dell’organizzazione del World Master di Scacchi, torneo con gli otto migliori giocatori del mondo, Karpov in testa, che si svolse appunto a Torino nel 1982 (nelle due foto sotto lo vediamo proprio insieme al Campione Mondiale) e che rimase a lungo il più forte torneo chiuso mai disputato (un paio di anni anni fa su questo sito il nostro Massimo Settis aveva commentato alcune partite del torneo, le trovate nella sezione “Partite Commentate“). Il manifesto di quello storico evento è ancora oggi conservato all’interno del bar della Sst.
Così abbiamo cercato un modo per rendere prestigioso e originale il torneo a lui intitolato, e ci siamo riusciti!
Infatti il Trofeo Fausto Barberis ha una formula particolare: 4 Maestri Sst che si affrontano alla cieca in un doppio girone all’italiana. L’evento ha suscitato un grandissimo interesse da parte di molti soci appassionati, che evidentemente hanno molto apprezzato la novità di vedere dei giocatori che si sfidano alla cieca?
I Maestri erano ‘relegati’ sul soppalco-biblioteca, seduti davanti ad un tavolo senza scacchiera (presenti solo gli orologi) e giocavano le mosse a voce. I mossieri (i bravissimi Simone Bergero e Marco Mina) riportavano le mosse orali su un formulario (nascosto ai giocatori) e le trasmettevano via sms all’addetto alle scacchiere elettroniche. In questo modo le partite potevano andare online ed essere apprezzate sia da casa che dal pubblico presente alla serata (per l’occasione abbiamo allestito una proiezione in diretta in sala torneo).
La formula si è dimostrata efficace, anche se in qualche frangente gli inevitabili brusii della sala analisi (il torneo si giocava in contemporanea al Trofeo Perelli) hanno leggermente disturbato la concentrazione dei Maestri. Per la prossima edizione contiamo di migliorare anche questo aspetto.
Passando alle note tecniche, iniziamo subito col dire che la qualità generale delle partite si è dimostrata di buon livello. Pochissime ‘sviste’ dovute al gioco alla cieca, anche se ovviamente in qualche frangente qualche mossa è sfuggita all’analisi. Il neo-MF Stefano Yao ed il Maestro Enrico Pepino sono sembrati più a loro agio in questa disciplina rispetto al Campione Torinese Alessandro Davi ed al vice Campione Silviu Pitica.
La classifica finale ha premiato ancora una volta Stefano, che si è aggiudicato il decisivo scontro diretto con Enrico grazie ad una ‘svista’ di quest’ultimo in un finale patto. Vittoria meritata comunque per Stefano, che dimostra ancora una volta di essere il giocatore più forte del circolo.
Le partite del torneo sono disponibili qui, e a breve anche nel nostro database completo.
La premiazione del Trofeo Fausto Barberis (foto in alto) è stata fatta dalla figlia Franca, ospite graditissima di una bella serata nella quale si son svolte anche le premiazioni del Campionato Torinese Open, del Gran Sociale e del Trofeo Perelli (di cui parleremo tra poco in un altro articolo), nonché un ricco buffet in omaggio al titolo di Maestro FIDE raggiunto dal nostro Stefano.
Un’ampia gallery della serata è disponibile sulla nostra pagina Facebook.
Concludiamo lasciando il lettore che vuole approfondire sottigliezze e curiosità del gioco alla cieca ad un interessante excursus che riceviamo dal Maestro Mauro Barletta e, come si dice in questi casi, volentieri pubblichiamo
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Io questo lo batto a occhi chiusi.
Ammettetelo: lo avete detto (o pensato) anche voi almeno una volta nella vita. Quando credevate, magari a ragione, di essere nettamente più forte di qualcuno. Poi però gli occhi li avete tenuti bene aperti perché non si sa mai, ma è un altro discorso.
Il gioco alla cieca è da secoli considerato il tratto distintivo dell’abilità, se non addirittura la quintessenza del genio. Di sicuro è una disciplina parecchio impegnativa. Ne sanno qualcosa gli ardimentosi maestri della Scacchistica che nelle scorse settimane si sono misurati in un torneo, la prima edizione del Trofeo Fausto Barberis, dove è severamente vietato guardare i pezzi: riferiscono gli astanti che i volti degli atleti, alla fine del cimento, sono un parametro perfetto per misurare la durezza della prova. “Una volta provai a giocare alla cieca e alla fine avevo un tale mal di testa che non ho più provato a fare niente del genere”, sembra che abbia detto monsieur de Legal (scacchista del Settecento diventato famoso per avere inventato il matto di Legal).
Ma se volete fare gli spiritosi a tutti i costi e suggerire che certe pratiche dovrebbero essere consegnate alla scienza, sappiate che ci hanno già pensato. Nel 1890 lo psicologo francese Alfred Binet condusse un esperimento in piena regola su alcuni dei più affermati giocatori del tempo nel tentativo di esplorare i meccanismi dell’intelligenza umana. Ne venne fuori un guazzabuglio in cui non ci addentreremo per decenza.
“Le jeu sans voir” affascina soprattutto i non scacchisti. Nel diciottesimo secolo Philidor conquistò addirittura un posto nella monumentale Encyclopedie – Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri per essersi prodotto in una simultanea su tre scacchiere. Ma non è che non ci fossero dei precedenti. Le antiche carte tramandano le prodezze di “un saracino ch’aveva nome Buzzecca”, il quale, nella Firenze del 1265 (o del 1266 non è ben chiaro) destò “grande meraviglia” giocando contemporaneamente tre partite, due delle quali alla cieca. In tanti secoli di scacchi matti sono stati tanti i grandi giocatori che, per dimostrare di essere tali o per guadagnare qualche spicciolo, si sono esibiti voltando le spalle al tavoliere. Possibilmente contro più avversari. A Torino, tanto per restare dalle nostre parti, il 24 marzo 1923 Alexander Alekhine si misurò su quattro scacchiere, ognuna delle quali occupata da tre giocatori in consultazione. Ma i record sono di ben altra portata: nel 1857 Morphy giocò otto partite e Paulsen, che evidentemente non voleva essere da meno, se ne sobbarcò dieci. Da allora l’asticella si è alzata sempre di più, fino a toccare numeri sovrumani: Alekhine arrivò a quota 32 (Chicago 1933), Najdorf a quota 45 (San Paolo, 1947), Koltanowksi addirittura a 56 (San Francisco, 1961) vincendone cinquanta e pareggiandone sei. E naturalmente non mancano le polemiche: c’è chi dice che la performance di Najdorf vale poco perché poteva guardare i formulari, chi rimarca che quelle di Koltanowsky furono “partite consecutive”, chi dice che il vero record appartiene a Flesch (52 a Budapest nel 1960) e chi contesta pure questa affermazione.
Il 3 dicembre 2016 il ventottenne Timur Gareyev, di origini uzbeke ma tesserato per gli Stati Uniti, ha dato spettacolo (ovviamente a Las Vegas) giocando contro 48 avversari mentre, con una maschera davanti agli occhi, pedalava su una cyclette. Mente sana in corpo sano. O forse no. Comunque potrebbe essere un’idea per la prossima edizione del Trofeo Barberis: investire una parte dei sontuosi incassi della Sst in attrezzature ginniche da fare obbligatoriamente adoperare ai concorrenti durante la battaglia. Divertimento assicurato. Se non altro per chi guarda.
Acciecamento non è sinonimo di scarsa qualità. Gli annali sono pieni di partite ben condotte e di combinazioni fantastiche. Ma io voglio segnalare il pezzo di bravura firmato da Judith Polgar a Montecarlo 1994 durante un’edizione del Melody Amber, storico torneo in cui i super GM si incrociavano un po’ “rapid” e un po’ “blindfold”. La formidabile ungherese riuscì a dare il matto con Re Alfiere e Cavallo al termine di una maratona alla cieca. Se vi sembra la cosa più facile del mondo, beati voi.
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